Plastic tax: il suo rinvio è costato all’Italia 1,2 miliardi

Autore:
Elisa Cardelli
  • Autore - Laurea in Semiotica

A partire dal 2020, l’Italia ha ritardato per quattro volte l’implementazione della tassa sugli imballaggi in plastica monouso. Secondo un rapporto di Greenpeace, si stima che ciò abbia causato una perdita di entrate fiscali e il documento illustra come tali risorse avrebbero potuto essere impiegate.

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L’Italia ha subito una perdita di 1,2 miliardi di euro a causa del posticipo dell’applicazione della plastic tax. Questa cifra rappresenta il mancato gettito fiscale accumulato durante i quattro anni di ritardi, tenendo conto della tassa di 0,45 centesimi per ogni chilogrammo di plastica da imballaggio prevista dal provvedimento (che sarebbe stata di 6 miliardi se fosse stato mantenuto il parametro originario di 1 euro/kg).

Questa misura era stata introdotta con la legge di bilancio del 2020, ma non è mai entrata in vigore. L’ammontare è stato calcolato da Greenpeace in un recente rapporto.

Greenpeace incolpa l’industria per il rinvio della plastic tax

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Secondo l’associazione ambientalista, la responsabilità di questi ritardi ricade su interessi industriali che hanno sfruttato le crisi degli ultimi anni, come il Covid, i prezzi dell’energia e la guerra in Ucraina, come scuse per richiedere ulteriori rinvii della plastic tax. Questi interessi sostengono che l’applicazione della tassa sarebbe stata insostenibile per l’industria.

Secondo quanto riportato da Greenpeace, nonostante la crisi economica scatenata dalla pandemia, i parametri ISTAT che includono l’indice di produzione industriale, il margine operativo lordo e la produzione industriale venduta indicano che il settore degli imballaggi in plastica in Italia ha ottenuto risultati complessivamente positivi in questi anni.

Attualmente, dopo il doppio posticipo della plastic tax avvenuto durante i governi di Conte e dell’esecutivo Draghi e Meloni, la nuova data ipotetica per l’entrata in vigore è il 1° gennaio 2024.

Importante accompagnare questa transizione

Secondo Greenpeace, se la plastic tax fosse stata applicata, le entrate mancate avrebbero potuto essere impiegate per modernizzare il settore e renderlo più circolare e sostenibile. La tassa stessa rappresenta un incentivo per ridurre il consumo di plastica, favorendo l’uso di prodotti ricaricabili o sfusi.

Tuttavia, potrebbe anche essere utilizzata per creare un sistema di incentivi che accompagna la transizione del settore. Ad esempio, premiare le scelte di produzione orientate verso opzioni riutilizzabili, sostenere gli investimenti in eco-design e promuovere la transizione verso modelli di business privi di plastica monouso.

Il rapporto di Greenpeace spiega

Nonostante la battuta d’arresto dovuta alla pandemia, l’immissione al consumo di plastica da imballaggio è tornata a crescere del 3% nel 2021 rispetto al 2020 e, secondo le ultime previsioni del CONAI, è prevista in crescita a un tasso annuale dello 0,3% nel 2022, dell’1,9% nel 2023 e dello 0,9% nel 2024.

Si comprende quindi che questa tassa potrebbe aiutare ad avere dei miglioramenti anche nel campo industriale e per questo motivo è parecchio importante.

Plastic tax, il suo rinvio è costato all’Italia 1,2 miliardi: foto e immagini

Vediamo quindi alcune immagini raccolte nella galleria immagini allo scopo di chiarire meglio quanto il rinvio della plastic tax risulta essere un problema.