Carne coltivata in laboratorio, è davvero sostenibile per l’ambiente?
Purtroppo chi ci credeva che la carne coltivata in laboratorio fosse la soluzione definitiva sostenibile, ecologica ed etica, deve leggere lo studio dell’Università della California che smentisce queste tesi e fa una analisi rapportando l’effettiva preparazione della cosiddetta carne sintetica alle tecnologie attualmente a disposizione, rinnovabili comprese.

Il dibattito sulla carne coltivata in laboratorio o carne sintetica è aperto e non accenna a smettere, anche perché ha fatto scalpore la decisione dell’Italia di accantonare lo sviluppo di questa presunta alternativa sostenibile alla carne vera allo scopo di dire addio, si spera, agli allevamenti intensivi e a soddisfare ugualmente la crescente domanda di carne e prodotti derivati, soprattutto a livello industriale.
Ebbene, i sostenitori della carne coltivata purtroppo dovranno ricredersi sul fatto della sostenibilità. Pare che sia ancora ad alta intensità energetica e fortemente impattante sul clima, tanto da risultare da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina. Vediamo nel dettaglio le novità al riguardo con nuovi studi e prove scientifiche al riguardo.
Carne coltivata più impattante della carne vera, lo studio

Prima di iniziare, è bene spiegare che cosa sia la carne coltivata. Si tratta di un prodotto di laboratorio mediante crescita di tessuto muscolare delle cellule staminali. Ha fatto scalpore in quanto, pur avendo il tutto e per tutto la struttura della carne dal punto di vista chimico e molecolare, sarebbe una alternativa sostenibile e rispettosa soprattutto degli animali rispetto a come viene prodotta la carne tradizionalmente.
Uno studio dell’Università della California con a capo il Dott. Derrick Risner però smentisce categoricamente il fattore della sostenibilità ambientale, rivelando che l’impatto climatico della carne coltivata può variare dalle 4 alle 25 volte di più, paragonato a quello della carne bovina. Attualmente e con le tecnologie a disposizione, la soluzione della cosiddetta carne sintetica potrebbe arrecare più danni ambientali che benefici, ma perché?
L’argomento è delicato, pertanto è bene partire dal presupposto che l’idea di base è eccezionale ed è una innovazione da studiare per chi non volesse rinunciare alla bistecca, ma a determinate condizioni. La ricerca consiste nell’analizzare il ciclo di vita di questo prodotto. Pertanto, è stato stimato l’impiego di energia usata in ogni singola fase di produzione. Ovviamente, ci si è basati sui metodi attuali e testati.
Partendo dal cosiddetto brodo di coltura con i nutrienti usati per coltivare le cellule animali, risulta che per crearlo l’impronta di carbonio è fortissima. I componenti come zuccheri, fattori di crescita, sali, aminoacidi e vitamine hanno ciascuno un elevato costo energetico. E il perché è dato dalle norme igienico sanitarie. Ogni singolo “ingrediente” deve per legge subire un processo di purificazione con tecniche ad alta intensità energetica. Si usano infatti l’ultrafiltrazione come la cromatografia per evitare contaminazioni batteriche. Rendendo praticamente solo il brodo di cottura come un prodotto altamente energivoro.
Certamente, esistono studi che dimostrerebbero il contrario. Purtroppo, queste ricerche si sono basate su un futuro ipotetico in cui i componenti di grado farmaceutico vengano sostituiti da quelli di grado alimentare. Questo anche per l’interessamento di molte multinazionali e aziende produttrici di carne sintetica.
Rinnovabili e carne coltivata, futuro possibile?
L’opzione più probabile per ridurre l’impronta enorme di carbonio della carne coltivata è quella di usufruire di energie rinnovabili per l’alimentazione di fabbriche e catena di approvvigionamento. Si mitigherebbe l’impatto climatico, riducendo anche i costi energetici. Tuttavia, il problema paradossalmente è legato alla produzione a larga scala. Nonostante si lavori senza sosta per dare a fabbriche e grandi edifici la possibilità di autoprodursi l’energia di cui hanno bisogno, le temperature elevate che richiedono i macchinari per la purificazione e la cottura dei nutrienti rendono inadatta ogni soluzione fino ad ora disponibile. Soprattutto il problema è dato dalle batterie e dai sistemi di accumulo che vanno in surriscaldamento.
Morale della favola: sono stati investiti fino a 2 miliardi di dollari su questa innovazione, ma siamo ancora al punto di partenza a non capire se sia una soluzione che faccia bene o male all’ambiente. Ma non significa che gli studi che decantano favorevolmente la carne coltivata siano falsi. Il futuro alimentare è legato alle innovazioni tecnologiche per quanto riguarda le rinnovabili. In conclusione, non ci si deve far prendere dall’entusiasmo della novità e ragionare per ipotesi. Questo studio dimostra che, con la tecnologia attuale, la carne coltivata in laboratorio purtroppo non è sostenibile e anzi rischia di danneggiare ulteriormente il nostro Pianeta. Pertanto, è bene prima sviluppare delle soluzioni sul campo delle rinnovabili durature e adatte per l’industria alimentare da applicare a questi progetti per poi procedere.
E come farà chi non vuole far del male agli animali ma cerca fonti proteiche? Ci sono già alternative a base di soia e legumi come tempeh, tofu e prodotti simili alla carne dal punto di vista visivo e del gusto.