Santoreggia coltivazione
La Santoreggia, Satureja hortensis, è una pianta officinale aromatica coltivata sia a scopo ornamentale per il suo elegante portamento e sia a scopo fitoterapico per le sue molteplici proprietà benefiche.
- Caratteristiche Santoreggia
- Coltivazione della Santoreggia
- Moltiplicazione della Santoreggia
- Moltiplicazione per seme
- Propagazione per divisione dei cespi
- Propagazione per talea
- Impianto della Santoreggia e consociazioni
- Potatura o cimatura
- Raccolta
- Conservazione della Santoreggia
- Malattie e parassiti della Santoreggia
- Cure e trattamenti
- Varietà
- Santoreggia, Satureja hortensis
- Santoreggia montana, Satureja montana
- Curiosità
- Galleria foto Santoreggia
Caratteristiche Santoreggia
La Santoreggia, annuale o perenne, rustica della famiglia delle Labiate, originaria del Sud-Est Asiatico ed diffusa allo sto spontaneo nelle zone dell’area Mediterranea. In Italia è alquanto rara e la si trova solo coltivata.
La santoreggia, chiamata comunemente anche erba pepe è una pianta erbacee di piccole dimensioni alta all’incirca 40 cm e a portamento cespuglioso e tappezzante.
La radice è fascicolata-rizomatosa. La parte aerea è formata da fusti eretti, tetragonali e legnosi alla base (negli esemplari adulti). Gli steli della Santoreggia sono pubescenti cioè ricoperti da una sottile e morbida peluria biancastra.
Le foglie hanno una caratteristica disposizione sui rametti: ci sono coppie di foglie disposte in modo opposto lungo lo stelo e ogni coppia successiva forma un angolo retto rispetto alla sottostante. Poi altre foglie più piccole riunite in fascetti alle ascelle delle foglie sessili. La forma delle foglie è lineare-lanceolata; i margini sono interi o lievemente dentati; la pagina fogliare intensamente profumata è ricoperta da ghiandole.
I fiori sono riuniti in infiorescenze a racemi portate sulle estremità dei rami. I fiori anch’essi profumatissimi e prodotti a profusione durante tutto il periodo della fioritura, hanno piccoli petali di di colore bianco, rosa o lilla.
Il frutto è uno schizocarpo ovoidale, liscio e di colore marrone composto da 4 nucule.
Fioritura: la santoreggia fiorisce da giugno a settembre.
Coltivazione della Santoreggia
- Esposizione: è una pianta che anche se cresce bene nei luoghi parzialmente ombreggiati predilige quelli luminosi e soleggiati. Sopporta bene il freddo ma teme le gelate.
- Terreno: ama i terreni alcalini e ben drenati ma cresce bene anche in quelli poveri. Per le colture in vaso, invece, il terreno deve essere ricco di sostanza organica.
- Annaffiature: necessita di annaffiature abbondanti ogni 2 – 3 settimane o solo quando il terreno è ben asciutto.
- Concimazione: anche se non richiede concimazioni è bene somministrare, alla varietà perenne, ogni 3 -4 mesi, un concime liquido ricco di azoto e potassio diluito nell’acqua delle annaffiature.
Moltiplicazione della Santoreggia
La santoreggia annuale si riproduce per seme. La varietà perenne, per talea estiva o per divisione dei cespi in primavera e autunno e anche per talea.
Moltiplicazione per seme
La semina si effettua in primavera o in autunno direttamente in piena terra. I semi vanno sparsi sulla superficie del terreno e leggermente pressati con le mani per farli aderire ad esso.
Quando le piantine hanno raggiunto un’altezza di circa 10 – 15 cm, è opportuno diradarle distanziando le piante ad una trentina di centimetri l’una dall’altra.
La semina della santoreggia può essere fatta anche in semenzaio tra febbraio e marzo e le nuove piante vanno trapiantate in aprile. In entrambi i casi il terreno di semina va annaffiato regolarmente fino allo sviluppo delle piante.
Propagazione per divisione dei cespi
La santoreggia si può moltiplicare anche per via vegetativa dividendo il cespo più rigoglioso e cresciuto in più porzioni aventi ciascuna radici ben sviluppate. Tale operazione va fatta a svolgere in primavera oppure dopo l’estate.
Propagazione per talea
Questo tipo di moltiplicazione agamica che assicura come quella della divisione dei cespi piante identiche a quella madre è facile e si attua esattamente come nel rosmarino, timo, salvia e tante altre piante ornamentali e non. ecc. Con forbici ben affilate e disinfettate, si recide un ramo semi-legnoso dalla pianta madre, lungo 12-15 cm. una dozzina di centimetri. Il ramo o i rametti recisi vanno ammollati vanno lasciato in acqua qualche giorno e poi interrati in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali mantenuto sempre umido fino all’avvenuta radicazione. Si lasciano irrobustire le radici e solo successivamente le nuove piante potranno essere trapiantate a dimora definitiva nel terreno o in vaso . La moltiplicazione della Santoreggia per talea talea va fatta in autunno per trapiantare nell’orto la piantina radicata a primavera.
Impianto della Santoreggia e consociazioni
Il trapianto si effettua in primavera in terreno soffice e ben lavorato. In vaso generalmente è sufficiente una sola pianta mentre nell’orto si potranno impiantare piantine a distanza almeno di 25-30 cm di distanza sulla fila e 50 – 60 cm tra le file.
Se coltivata nei pressi di alberi da frutto ne favorisce l’impollinazione in quanto attrae vari insetti pronubi e se consociata con le colture di legumi, fagioli o fagiolini e fave, li protegge dall’attacco degli afidi funzionando da repellente naturale.
Potatura o cimatura
Le varietà perenni richiedono una decisa potatura ogni due anni per il mantenimento della forma e per favorire l’emissione dei nuovi getti e l’incespimento basale.
Raccolta
Le foglie fresche vanno raccolte al momento. Per la conservazione invece la raccolta si effettua in piena fioritura.
Conservazione della Santoreggia
Per conservare la santoreggia e poterla poi usarla in inverno, un metodo di conservazione pratico e sbrigativo è l’essiccazione delle parti utilizzabili della pianta. Si recidono i rametti, si raccolgono in mazzi e si mettono ad essiccare all’ombra in luoghi asciutti e ben ventilati chiusi in sacchetti di carta come si fa per l’origano ed altre piante officinali. Infine si riducono in pezzetti grossolani e si conservano in barattoli di latta in un luogo al riparo della luce e privo di umidità.
Malattie e parassiti della Santoreggia
La santoreggia in quanto pianta rustica non viene attaccata dai comuni parassiti animali quali afidi e cocciniglie ma teme le malattie fungine come l’oidio e il marciume delle radici.
Cure e trattamenti
In inverno proteggere la base del cespo con una pacciamatura di paglia o foglie secche e periodicamente eliminare le erbe infestanti per evitare che venga soffocata. I trattamenti se necessari vanno fatti solo con prodotti ammessi dall’agricoltura biologica in quanto le parti vegetali vengono consumate a scopo alimentare.
Varietà
Le varietà di Santoreggia coltivate sono due.
Santoreggia, Satureja hortensis
un’erba aromatica coltivata come annuale con foglie e fiori gradevolmente profumati e dal sapore delicato. Si semina ogni anno in primavera.
Santoreggia montana, Satureja montana
Una pianta erbacea aromatica perenne che si differenzia dalla prima per un sapore decisamente più piccante. Tollera bene la siccità e si semina in primavera. Persiste per anni anche se in inverno perde la parte aerea.
Usi della Santoreggia
Le foglie della Santoreggia vengono largamente impiegate in cucina sia fresche sia essiccate per aromatizzare pietanze di vario tipo, zuppe e soprattutto piselli, lenticchie e altri legumi; è indicata con i funghi e conferisce un gusto particolare a conserve, formaggi freschi, liquori e amari.
Proprietà della santoreggia: come tutte le altre erbe aromatiche officinali anche la santoreggia ha proprietà medicinali e per la ricchezza di vari principi attivi, oli essenziali (carvacrolo, cimolo) sostanze tanniche, oligoelementi minerali, enzimi, ecc., è impiegata anche in cosmesi per la preparazione di creme antirughe e pomate per la cura del cuoio capelluto.
Curiosità
La Santoreggia anticamente veniva considerata l’erba della passione, dell’amore e della felicità. Secondo alcune credenze popolari consumata regolarmente in cucina aveva la virtù di rafforzare il legame amoroso tra la coppia. Oggi questa pianta è ritenuta un’erba afrodisiaca.
Il nome scientifico del genere si deve a Carlo Linneo.